POLTRONE foderate di velluto rosso, maxi schermo e proiettore. Dentro l’ ospedale. Succede all’ Humanitas, dove domani viene inaugurata una sala cinematografica, la prima in Italia all’ interno di un istituto di cura. Il progetto è rivolto a chi è ricoverato nel reparto di Riabilitazione neurologica e, mentre cerca di recuperare dopo un ictuso un’ ischemia,è costretto a restare in corsia per molto tempo. Con il rischio di “dimenticare” la quotidianità rimasta fuori dalla porta dell’ ospedale. Di qui, l’ idea di «replicare l’ esperienza del cinema in una struttura di ricovero – dice Fulvia Salvi, presidente di MediCinema Italia, che ha avviato il progetto insieme con l’ ospedale di Rozzano e la Fondazione Humanitas – Il messaggio è: ti faccio avere in ospedale un “pezzetto” della vita che conduci quando non sei ricoverato, in modo da spronarti a stare meglio. Si tratta di quella che, in gergo, viene definita terapia del sollievo». La sala avrà 65 poltrone e dimensioni doppie rispetto a una “regolare”, per far assistere alla proiezione anche quei malati che non possono alzarsi dal letto, e devono essere trasportati dal personale sanitario. Ogni settimana 30 pazienti riceveranno (per se e per un familiare) un biglietto, da usare per assistere alla proiezione. L’ iniziativa vede la collaborazione di case di distribuzione come Universal Pictures, Fox, Warner, Medusa e Nexo: «L’ obiettivo – dice Salvi – è avere, in contemporanea con le sale “regolari”, i film del momento». Tutto pro-bono, e gratis per i pazienti-spettatori. Si parte domani, con “Questione di tempo” – commedia british diretta da Richard Curtis, “papà” di “Quattro matrimoni e un funerale” e “Notting Hill” – in prima visione, e in anticipo di una settimana rispetto al resto d’ Italia. Parola chiave “umanizzazione”: «Vogliamo – dice Maria Bellati, segretario generale della Fondazione Humanitas – aggiungere valore all’ esperienza terapeutica e all’ assistenza medica di chi è ricoverato». E se quello dell’ Humanitas è il primo caso in Italia, l’ idea di MediCinema è quella di coinvolgere anche altre strutture: «Stiamo trattando con ospedali sia pubblici sia privati – racconta Salvi – come il Niguarda, il San Raffaelee il San Gerardo di Monza, per sviluppare nuovi progetti». Che la “terapia del sollievo” sia sempre più presente negli ospedali milanesi lo confermano anche altre esperienze. A partire da quella dell’ ospedale San Giuseppe, dove dal 2012 nel reparto di Riabilitazione specialistica è stata introdotta tra i protocolli clinici la “tangoterapia”, con lezioni di danza, da 45 minuti ciascuna, per i malati di Parkinson, di sclerosi multipla o in recupero dopo un ictus. Al San Carlo dalla scorsa primavera i pazienti possono coltivare fiorie ortaggi in un orto ricavato nel giardino della struttura. Il progetto si chiama “Coltivamente”: nato per il day hospital psichiatrico e per i bambini della Pediatria, è stato esteso a Oncologia, Dietologia, Diabetologia e Riabilitazione specialistica. All’ Istituto nazionale dei tumori i pazienti possono fare ogni mercoledì lezioni di danza e ogni giovedì di yoga. E, per quelli in cura ma non più ricoverati, i volontari del laboratorio ArtLab organizza gite culturali. E ancora: alla Mangiagalli le donne in attesa del responso della mammografia o di fare una seduta di chemio, possono a lavorare a maglia. Il progetto è organizzato dall’ associazione Gomitolo Rosa: l’ obiettivo è lenire l’ ansia di chi, in ospedale, si ritrova ad attendere l’ esito di un esame che può cambiare la vita.
Tratto da: Repubblica